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Archeologia

I nuraghe, runaghe nella parlata logudorese del circondario di Sassari, è il monumento che, per la straordinaria diffusione, la complessità e l'originalità architettonica dà il nome a quella fase della Preistoria e della Protostoria collocabile nell'ampio arco temporale che va dal 1800 al 238 a.C., nell'età del Bronzo e del Ferro.

Ormai gli archeologi definiscono questa fase come civiltà nuragica, per sottolineare l'importanza, derivata soprattutto da un'articolazione non comune di espressioni materiali, architettoniche e artistiche.

Villaggi, tombe di giganti, pozzi sacri, tempietti a pianta quadrangolare rappresentano i monumenti più caratteristici di quest'età, ma è senz'altro il nuraghe l'oggetto che segna, come un simbolo, l'immaginario degli isolani e, come fosse un elemento naturale, il paesaggio sardo.

Da molti anni una vivace discussione fra gli specialisti, alla quale si aggiungono le voci di linguisti, esperti di astroarcheologia, dilettanti, ecc., ha avuto per argomento principale la funzione delle torri nuragiche. Tralasciando ipotesi fantasiose, occorre ricordare che, assieme ad una sempre più precisa definizione ed analisi delle forme, dei tipi architettonici e quell'aspetto originario di questi monumenti, i dati in nostro possesso, provenienti anche da scavi sistematici, fanno ritenere che fossero dimore, torri di osservazione, abitazioni fortificate, anche con carattere di status symbol, di gruppi umani insediati su vasti territori. L'economia si basava sull'agricoltura, sulla lavorazione dei metalli (rame, bronzo, piombo, argento, ferro), sull'artigianato ed il commercio, nel quale si inserivano anche popolazioni non sarde, e, soprattutto, sull'allevamento dei bovini e la pastorizia.

Per quanto concerne il territorio di Ittiri, si può affermare che il complesso dei monumenti nuragici è imponente. Si deve lamentare, tuttavia, che distruzioni antiche e recenti e spoliazioni per la riutilizzazione del materiale da costruzione, abbiano causato la scomparsa di alcune strutture e lo stato di conservazione precaria di molte di quelle che residuano.

Ben 63 nuraghi, 10 villaggi, 2 tombe dei giganti, un probabile pozzo sacro, ritrovamenti di oggetti di lusso, manifestano la potenza delle tribù nuragiche del luogo, forse i Coracenses citati dal geografo Tolomeo, dei quali resterebbe traccia nel toponimo Coros e nell'omonima curatoria medioevale.

Fra i numerosi nuraghi spiccano alcuni esempi complessi, a più torri, come quello di Nuraghe Majore, Pitti Altu, Iventi, meglio conservati e con strutture residue leggibili.

Il primo, sopprattutto, evidenzia i resti di una torre maggiore, certamente a più piani, e di una laterale la cui camera a falsa volta superiore, oggi svettata, appare rivestita con un eccezionale parametro muraio calcareo di perfetta lavorazione, simile a quello di alcuni pozzi sacri.

Naturalmente le roccie del territorio anno offerto agli antichi artefici i materiali per le loro talora ardite costruzioni: calcari e in misura maggiore trachiti prevalgono. alcuni nuraghi come il Paulis e S'Adde e su Chessalzu, presentano entrambi i tipi di pietra con effetti di bicromia, forse dovuti anche ad antiche ristrutturazioni.

La posizione delle torri, come nel resto dell'isola, è spesso dominante o collegata alle vie naturali di passagio, ai corsi d'acqua, alle sorgenti e la distribuzione mostra la preferenza per le zone più fertili del Comune, come i settori NO e NE e il circondario del paese.

La presenza sia di strutture che hanno caratteristiche costruttive più elementari, come i nuraghi a corridoio di AbbarghenteS. Elighe e Cirolo(si tratta di nuraghi privi di camera a falsa volta) o i monotorri (cioè costituiti da un'unica torre), sia di monumenti complessi e di distinta architettura, come i nuraghi di cui si è detto prima, fanno ipotizzare un'evoluzione avvenuta lungo tutto l'ampio arco temporale della civiltà nuragica.

di Gian Mario Demartis 

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